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Vertici in crisi, movimento in crescita

Vertici in crisi, movimento in crescita

Se vogliamo dare una valutazione delle giornate di lotta del 2 e del 3 dicembre non possiamo fare a meno di considerare, oltre all’innegabile valore dello sciopero generale, una battuta d’arresto nel percorso di unità del sindacalismo di base e, quello che ritengo più importante, nella costruzione di un nuovo movimento operaio, che sia in grado di svolgere un ruolo da protagonista nel processo di trasformazione dell’attuale società.

Non ho partecipato alla manifestazione del 3 dicembre, ma alcune testimonianze ce ne danno una rappresentazione impietosa. Al di là dei numeri, comunque abbastanza scarsi per una manifestazione nazionale, ritengo significativo che solo una parte delle sigle che hanno indetto lo sciopero generale del 2 dicembre e definito la piattaforma unitaria, anche se maggioritaria, ha promosso la manifestazione. Queste stesse sigle poi hanno inscenato fisicamente l’incapacità di dar vita ad un corteo unitario, visto che la città è stata percorsa da due cortei ben separati che hanno percorso lo stesso tracciato.

La manifestazione di Roma non è stata neanche rappresentativa dello sciopero del giorno prima, che ha visto comunque partecipazione nei vari settori e manifestazioni significative in molte città.

È bene ripercorrere alcuni passaggi.

Il 15 ottobre si è tenuta a Milano un’assemblea nazionale dei sindacati di base e conflittuali per definire lo sciopero generale del 2 dicembre e la piattaforma, su cui il sindacalismo di base lavorava da tempo, con manifestazione nazionale in quella data. La necessità di una manifestazione nazionale il 2 dicembre era condivisa, pur con qualche difficoltà, anche da quelle sigle che tradizionalmente in occasione dello sciopero generale prediligono tenere iniziative locali.

Solo il Si.Cobas, che partecipava on line alla assemblea, dichiarò che avrebbe tenuto iniziative locali il giorno dello sciopero, e che aveva avviato contatti con non meglio precisati soggetti politici per una manifestazione nazionale da tenersi il 3 dicembre a Roma. Nonostante le sollecitazioni degli altri sindacati, il Si.Cobas rimaneva fermo sulle proprie posizioni. L’assemblea comunque si è chiusa con l’indicazione dello sciopero generale e della manifestazione nazionale per il 2 dicembre, preparati da una nuova assemblea nazionale da tenersi il 7 novembre a Roma.

Successivamente alcune segreterie recedevano da quanto deciso in assemblea e decidevano di accodarsi alla manifestazione indetta dal Si.Cobas. Questo portava all’annullamento dell’assemblea del 7 novembre e incideva in modo negativo nella preparazione dello stesso sciopero generale.

Nonostante le polemiche tra i vertici dei sindacati di base, lo sciopero si è comunque svolto, ed in alcuni settori è stato anche incisivo. Questo mi porta a credere che in realtà il movimento di lotta si stia sviluppando, e la battuta d’arresto è dovuto all’involucro organizzativo che attualmente lo rappresenta. Il superamento di questo involucro è quindi un passaggio indispensabile per lo sviluppo del movimento.

In questo ambito la componente libertaria ha molto da dire, a partire dalla prospettiva dell’unità di classe, che superi l’unità delle sigle e delle segreterie. Per ottenere questo, è necessario partire dai territori e dalle categorie, facendo esprimere e pesare realmente le attiviste e gli attivisti di base, è a partire dal loro impegno che devono essere smantellate quelle strutture verticistiche e burocratiche, portatrici di un settarismo di organizzazione, che mal si concilia con la spinta all’unità di classe. Rompere lo schema verticistico dell’organizzazione è anche un modo per tagliare il legame tra sindacati di base e gruppi politici, altro ostacolo all’unità, e che lega i vertici a liste elettorali in competizione per rappresentare la sinistra negli organi rappresentativi. La concorrenza fra le liste elettorali non può fare a meno di ripercuotersi all’interno del movimento sindacale, e rappresenta un ulteriore ostacolo all’affermarsi dell’unità. La concezione secondo cui il sindacalismo deve limitarsi alla lotta economica, mentre la lotta politica spetta ai partiti politici e particolarmente a quelli presenti in parlamento, oltre a non essere condivisa dalla componente libertaria, è inadeguata ala fase attuale e ai compiti che si presentano al movimento delle classi sfruttate. L’attuale modo di produzione è incapace di sostituire alla logica del profitto la soddisfazione dei bisogni delle masse, anche di quelli più elementari. Per questo è necessario un nuovo protagonismo, che faccia delle organizzazioni sindacali non solo gli argini contro l’avidità dei datori di lavoro, dei capitalisti, e l’ignavia del governo, ma anche gli embrioni di un nuovo modello di produzione e distribuzione, al di fuori e contro ogni governo.

La tematica dell’unità non si esaurisce nell’unità del movimento operaio, ma ha anche un riflesso nell’unità con i movimenti di lotta che si manifestano nella società, da quello transfemminista, a quello ecologico, a quello antimilitarista. In particolare oggi la lotta contro la guerra e l’economia di guerra che ispirano ogni misura del governo ha immediati riflessi sulle condizioni delle classi sfruttate.

Se quindi la componente libertaria sarà in grado di sviluppare queste tematiche, sono convinto che il 2 e 3 dicembre saranno rapidamente superati dalla crescita del movimento.

Avis Everhard

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